Superga

4 maggio 1949

Rosso-bianco-verde. Due fazzoletti.
Uno sul collo di Calamandrei
L’altro su quello di mio padre prigioniero.
Hanno spaccato le lapidi dei loculi.
Sono alla testa di tutti i cortei.
Mio padre disse NO al cibo, agli scarponi,
Alla divisa cucita su misura.
Rimase negli stracci, nella fame,
Nei pidocchi. Partì con altri a venticinque anni.
Tornò. La giovinezza mai vissuta
Per sempre alle sue spalle.
[…]
Con Calamandrei
Stasera mio padre senza farsi vedere
Sarà forse a Marzabotto con i fratelli Cervi.
O forse a Porta San Paolo,
Forse a Via Tasso o alle Ardeatine.
Da anni esce dalla tomba.
Si fa fiore tra i fiori mai secchi
Sotto le croci di legno sui prati,
Alle rive dei fiumi, sulle montagne:
«La libertà… Il meglio fiore…
Ma vuole sempre acqua».
[…]
Calamandrei e mio padre lo dicono ancora:
«La libertà… E’ di tutti.
Anche di quelli
che la negarono a tutti.»
[…]
Né al fronte né in prigionia.
Né in guerra né in pace
Nessuno mai lo aveva visto piangere.
Fino al pomeriggio
Del 4 maggio del 1949.
Cielo di piombo. Superga.
Tutti i suoi amici sapevano
Della filastrocca di mio padre
Ripetuta da solo per giorni
Nei singhiozzi e nel muco:
Bacigalupo,
Ballarin, Maroso,
Grezar, Rigamonti, Castigliano,
Menti, Loik, Gabetto, Mazzola, Ossola
[…]
Le scarpe battute sui legni del Filadelfia.
Lo sguardo di Valentino.
Il segno d’intesa con il capo stazione.
La tromba di Oreste Bolmida.
Le maniche della maglietta
Tirate su da Mazzola. La carica.
Il quarto d’ora dei granata.
Non ce n’era più per nessuno.
Ma il 4 maggio del 1949 a Superga
Il grande Torino andò in trasferta altrove.
Per sempre.
Mio padre fino alla morte ha ripetuto
Senza mai farsi sentire
La sua filastrocca: «
Bacigalupo-Ballarin-Maroso
Grezar-Rigamonti-Castigliano-Menti-Loik
Gabetto-Mazzola-Ossola…»
[…]
Mio padre. Una vita intera in due giorni:
Il 25 aprile. Ogni 4 del mese di maggio.
Scrivo una e-mail che non riceverà:
«Caro papà, non tornare.
Non è questa l’Italia che sognavi»

 

Gino Rago

 


Gino Rago nato a Montegiordano (CS) il 2. 2. 1950, residente a Trebisacce (CS) dove, per più di 30 anni è stato docente di Chimica, vive e opera fra la Calabria e Roma, ove si è laureato in Chimica Industriale presso l’Università La Sapienza. Ha pubblicato le raccolte poetiche L’idea pura (1989), Il segno di Ulisse (1996), Fili di ragno (1999), L’arte del commiato (2005). Sue poesie sono presenti nelle Antologie curate da Giorgio Linguaglossa Poeti del Sud (EdiLazio, 2015), Come è finita la guerra di Troia non ricordo (Progetto Cultura, Roma, 2016).  È nella Redazione de L’Ombra delle Parole. Collabora con la Rivista cartacea Il Mangiaparole.

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7 COMMENTI

  1. Ringrazio Michele Mocciola, Massimiliano Peroni, e tutta la Redazione, per avere riservato al mio polittico gli onori della pagina odierna de I Sorci Verdi, un blog letterario dalle battaglie volte all’avanzamento del destino e della storia della nostra Letteratura verso nuovi paradigmi estetici.

    Il “Grande Torino” voluto e costruito da Ferruccio Novo, spero di non cadere nel melenso o nella scontata retorica né pretendo di dire o dare notizie originali, non fu soltanto uno squadrone fatto di, così li chiamavano, INVINCIBILI. Fu molto di più per tutti gli sconfitti e gli umiliati della generazione di mio padre che però, pure da sconfitti su ogni fronte, ebbero perfino la fortuna di tornare “vivi” e pronti a ricominciare.
    I granata invincibili furono il sogno di riscatto di quella Italia postbellica che desiderava tenacemente di rinascere dalle macerie morali e materiali d’un terrificante conflitto mondiale.
    I nostri padri, quelli delle classi 1913-1922, che tornarono vivi sapevano fare, e bene, tutto, dai lavori agricoli ai capolavori artigianali, sapevano cantare e organizzare matrimoni, sapevano fare le feste del Patrono, sapevano vestire i morti, sapevano accompagnarli alla ultima dimora, sapevano piangerli e conoscevano alla perfezione l’arte del commiato, senza mai darsi arie…

    I granata invincibili in tutto questo hanno saputo accompagnarli e sostenerli, fino alla tragedia… Almeno questa è l’idea che di tutto ciò io mi sono fatto.

    Un lungo lavoro sulla forma-poesia mi sta lentamente ma inesorabilmente facendo approdare verso il polittico in distici, di cui “Superga”, oggi onorato dal fine gusto estetico di Michele Mocciola, è uno stralcio.
    Fisica quantistica+Musica+Arti Figurative+Cronaca+Storia+Misticismo Barocco+Arti plastiche+Scontro di dive (Lisi-Dietrich) come urto fra Cinecittà e Hollywood+Compressioni ed Espansioni dell’universo+Letteratura+Personaggi-poeti vivi e personaggi-poeti non più vivi+tempi dilatati e tempi compressi+spazi-geografie nell’indefinito e nel familiare+fono-prosodie con al centro immagini+protoni entanglati come parole nell’entenglement+rottura delle associazioni sostantivi-aggettivi+soppressione del piccolo Io narcisistico e perdente+Altro=Polittico (o meglio, tentativo di polittico, così come lo sto intendendo nella feconda compagnia soprattutto di Giorgio Linguaglossa).

    Per ora mi pare il max che si possa chiedere alla Parola di poesia se si vuole, per me, andare più in là e un pò più in alto di dove osano… le quaglie.

    Gino Rago

  2. Bello il gioco prospettico ,nell’osservare con l’occhio di un’estetica non accademica ,le varie realtà fenomenologiche.

    Saluti
    Mario

  3. A folle i cimeli della storia fioriscono,
    a maggio, e dentro un tumulto le parole socchiudono

    La museruola hanno messo al vento che mugola
    e non ne fa mistero, passa la palla

    alla nicchia del riccio, alla quiete del ricordo che in alto riposa
    e torna a spalancare bene le ciglia. Il rigore non passa.

    (il senso della filastrocca, della vita intera in due giorni ,della formazione recitata a memoria, la Storia,
    questa evocazione è unica.)
    Grazie GINO RAGO.

  4. Mario De Rosa e Mauro Pierno demitizzano le immagini,
    con Derrida stabiliscono alleanze,

    incarnano la critica del linguaggio.
    Nelle differenze

    le sfumature della verità.

    L’entropia della lingua lacerata. Fenice. Ifigenia.
    Rinascita, sacrificio.

    […]
    grazie

    (gino rago)

  5. Caro Gino, altro che quaglie. Sai bene che le tue “quote” sono ben altre e ben più alte. Quote che purtroppo furono fatali per i campioni del Toro.

  6. Caro Gino è bellissimo l’accostamento storico e ideologico. Ricordo ancora che eravamo dalla stessa parte politica e come me penso che anche tu leggendo la chiusura del tuo carme sei sconvolto dagli eventi di questi anni. Nei tuoi versi traspare il crollo tragico di un mito sportivo analogamente al crollo della società odierna in cui persone che hanno operato nel passato non troverebbero più spazio. Anche noi siamo travolti da una situazione che anni fa era impensabile. Non è certo la vecchiaia come si può pensare ma un oggettivo tragico tracollo di tutti i settori. Sono contento di mantenere contatti con te con la speranza di poterci vedere dal vivo presto. Jimmy

  7. Il mio ‘grazie’ anche a Francesco Mundo e a Jimmy Caruso. I quali, meglio di tanti altri, sanno che
    se cerchi il rifugio nel vasto e non lo trovi, cercalo nel piccolo il tuo rifugio, come sa fare Dio: per dirla con Adam Zagajewsky, “Dio è nel seme più piccolo del mondo/Il grano di senape/Scoppia di grandezza….”

    (gino rago)

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