IL VERO POTERE OCCULTO DELLA PANDEMIA

Un esempio tratto dall'ambito giudiziario

San Michele pesa le anime e scaccia il demonio.

In disparte ogni ipotesi di complotto o complottismo e il loro utilizzo infamante (il rinvio d’obbligo è a G. Agamben), soltanto le menti annebbiate non vedono come la pandemia da covid-19 stia assumendo la funzione di schermo per nascondere una progressiva modifica della distribuzione del Potere. Modifica altrimenti impossibile, date le note norme costituzionali, e i legacci procedurali per ogni loro riforma che richiedono maggioranze impraticabili, a fronte di una frammentazione politica di stampo individualistico: ognuno per sé, Dio per tutti.
Si procede, perciò, per piccoli passi, cogliendone le reazioni, e si parte da livelli di normazione più bassa, quella sconosciuta alla maggior parte dei cittadini. Molto tecnicismo, nessuna idealità sovranazionale, imperiosa, d’immagine e d’effetto. Si transita comodamente nell’indifferenza.
Prendiamo, ad esempio, l’ambito giudiziario.
A pandemia in corso è sbocciato il fiore velenoso dell’organigramma dei dirigenti degli uffici giudiziari (presidenti di tribunali e corti d’appello, presidenti di sezione, procuratori della repubblica, procuratori aggiunti), ed è stato divulgato coram populo (e commentato anche sulle pagine di questa Rivista) un meccanismo di favori e contro-favori, raccomandazioni, interferenze: fenomeno noto finora soltanto agli interni all’apparato.
Possiamo, quindi, concludere che viviamo in uno Stato il cui sistema giudiziario è gestito e organizzato da dirigenti nominati secondo quel meccanismo per nulla trasparente e per nulla fondato su meriti e capacità, meccanismo oggi portato alla sbarra (procedimento disciplinare presso il CSM, procedimento penale presso la Procura della Repubblica di Perugia).
Ebbene, grazie alla pandemia il Governo italiano ha da mesi, ed esattamente dal 17.3.2020 (decreto legge n. 18 convertito con legge n. 27), rimesso l’organizzazione degli uffici giudiziari a quegli stessi dirigenti nominati come sopra (art. 83 c. 6-7 del citato decreto legge), tanto da consentire loro, tra l’altro, l’adozione di linee guida vincolanti per la fissazione e la trattazione delle udienze (art. 83 c. 7 lett. d). Insomma, un potere pressoché assoluto.
Non pago, il Governo, evidentemente soddisfatto delle proprie scelte, ha prorogato al 31.10.2020 le modalità alternative di celebrazione delle udienze civili in fase d’emergenza, rimettendo il potere discrezionale di scelta a ciascun giudice (art. 221 del decreto legge n. 34 convertito nella legge n. 77), e ciò ha fatto pur non avendo ancora deciso se prorogare lo stato d’emergenza sanitaria. L’anomalia nella normalità.
E c’è da scommetterci che questo potere di scelta sarà disciplinato dai capi degli uffici giudiziari nell’ambito delle loro consolidate e ordinarie prerogative.
Le norme codicistiche e regolamentari di trattazione degli affari civili sono d’un fiato, per autorità legislativa, oltrepassate e tendenzialmente sostituite da un potere di gestione degli uffici giudiziari apparentemente diffuso tra le migliaia di giudici, ma in realtà rimesso nelle mani dei soggetti che quegli uffici dirigono, e che sono stati nominati secondo il meccanismo sotto accusa.
La democrazia parlamentare eroga poteri informi e, forse, incontrollabili?

 Michele Mocciola

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