TRIS D’IMPROVVISI MUSICALI

Resoconto di tre concerti di una settimana intensa.

1) THE ROAR AT THE DOOR feat. NGUYEN LÊ, rassegna “Jazz on the road”, Brescia, 16 luglio 2017

Nel corso di questa bella serata, che ha chiuso il festival di Jazz on the road, alcune piccole ma significanti note di colore hanno portato a galla, se non una costante, una dinamica ricorrente degli eventi jazz.
Contesto: un quartetto consolidato suona con un ospite internazionale, il chitarrista Nguyên Lê.
Fatti: alle richieste insistenti ma silenziose di attenzione da parte del chitarrista, per capire i brani da suonare dopo quelli appena terminati, il quartetto, forse distratto, forse concentrato, oppure pensieroso sull’andamento della serata, non badava. Gli sguardi educati dell’ospite franco-vietnamita cadevano puntualmente nel vuoto, le due parti riuscivano sempre a schivarsi in un abile balletto. Non ho mai sentito il quartetto prima di quel giorno, ma mi è parso avvertire degli accenti non del tutto rilassati, insomma tesi, come se dovessero dimostrare qualcosa, nel fraseggio dei fiati, se confrontati al canto eclettico, ma tutto sommato lineare, del chitarrista. Bisogna ammettere che anche le strutture tortuose dei pezzi e dei refrain richiedevano molta attenzione da parte dei musicisti, che qua e là, con gli occhi incollati agli spartiti, incappavano in controllate imperfezioni. Come se avessero avuto poco tempo per provare. Insomma, un lavoraccio da sudare, stretti fra l’elaborazione di frasi complesse e l’ascoltarsi l’un l’altro. In ultimo, l’indecisione fisica di come muoversi sulla scena, per lasciare spazio agli assoli degli altri senza inciampare nelle trappole degli strumenti disseminati per terra, oppure le mille cortesie per come allinearsi al momento dell’inchino finale (tra l’altro col quartetto vestito di nero in ombra, e Nguyên Lê in camicia bianca alla luce), erano atti che facevano sentire tutto il peso di quel palco, davanti a un pubblico attento e esigente.
Morale: senza nulla togliere alla buona riuscita dell’evento, ma solo per calcare la mano sulle sfumature umane tragicomiche, la serata ha riconfermato quanto il jazz si presti ad essere la culla dell’imbarazzo generale. Gli atteggiamenti degli spettatori fra loro, dei musicisti fra loro e delle due categorie nei reciproci rapporti, trasudavano ciò che in due parole si potrebbe definire un magnifico imbarazzo. Un’atmosfera che fa capire quanto la musica sia una materia delicata e quanto i jazzisti siano destinati a non capirsi mai fino in fondo.

2) PENSIERI E PAROLE, OMAGGIO A LUCIO BATTISTI, Festival di Villa Arconati, Bollate (MI), 18 luglio 2017

Chissà se si possa rendere sia pur minimamente l’esperienza di un concerto, o se tutto ciò non finisca per diventare un esercizio di immaginazione al quadrato.
Una squadra di bravissimi professionisti ha proposto, con arrangiamenti del sassofonista Javier Girotto, un progetto coraggioso: Lucio Battisti per sestetto, senza chitarra. L’evento si è svolto nella suggestiva cornice di Villa Arconati, che con i timbri degli strumenti coinvolti (da sinistra a destra: pianoforte, voce, contrabbasso, sax soprano, tromba, batteria) componeva un quadro sonoro molto interessante. Chi avesse voluto svincolarsi dall’assembramento dei posti a sedere, avrebbe potuto godere della lieve brezza e della musica dalla limonaia, oppure da una piazzola con una fontana al centro: con vista villa, parco e labirinto. Inoltre, la dolcezza settecentesca del luogo, in cui facevano capolino qua e là putti e satiri, era un buon contrappunto alla sensualità di quegli strumenti acustici.
L’apertura è stata decisa e pulita e ha riscosso subito l’assenso e gli applausi convinti. La voce roca e armonica di Peppe Servillo si impastava con le progressioni festose e tese di sassofono e tromba, il pianoforte ricchissimo e tenero di Rita Marcotulli con una sezione ritmica fitta e vorace. In scena, un Battisti disperato, comico, giocoso, esuberante, circondato da america latina, jazz e perfino note di balera, per una festa estiva sotto molti aspetti entusiasmante. I musicisti, chi più chi meno, sono arrivati verso la fine un po’ stanchi, anche per gli arrangiamenti molto carichi di pathos esecutivo e intenzionalità compositiva. Il pubblico iniziava a defluire già prima del bis. Dopo l’ultimo applauso con standing ovation, già non c’era più nessuno.

3) NEMA PROBLEMA ORKESTAR, Festival MusicalZOO, Brescia, 19 luglio 2017

Devo fare un mea culpa: sono un ritardatario. Ma non ho mai incontrato tanti ostacoli tra me e una festa e tra me e una birra. Per ripicca ho preso una bottiglietta d’acqua, temperatura ambiente. Ciononostante sono riuscito a godermi il concerto dall’inizio alla fine.
Ma non vi illuda il nome del gruppo, perché, secondo un’ironia ineccepibile, il concerto è stato faticosissimo e costellato di problemi. In breve, la serata ha visto già dall’inizio il sassofonista esprimere un’evidente contrarietà al trombettista, che poi si sarebbe capito essere rivolta al suo proprio strumento, che a quanto pare aveva qualche malfunzionamento (problema) meccanico, e dunque cercare di risolverlo versandovi acqua minerale naturale di quando in quando. Secondo inciampo: il cavo del chitarrista, che ha deciso di smettere di funzionare (problema) al terzo pezzo in scaletta; il chitarrista agitarsi verso il fonico, il fonico correre sul palco, capire il disguido (problema), porvi rimedio con un cavo sostitutivo, e il chitarrista cercare di ricablare tutto al più presto (al più presto, al più presto!), per essere pronto all’inizio del brano successivo. C’è riuscito poco dopo.
E superati questi incidenti irrisori ma precisi, risolti dopotutto con efficienza e discrezione, ripartire a bomba su canzoni esplosive e strutture abbastanza articolate: una faticaccia continua e incalzante (il cui apice musicale è stato un brano in onore del pianista dominicano Michel Camilo, gran tarantolato, su tempo dispari rumeno) a cui il pubblico ha risposto con ampio movimento di fianchi e saltelli e molta soddisfazione. Un grande inizio di festival!

Nota: tutti e tre i concerti si sono svolti in ambientazioni molto suggestive; nell’ordine: Piazza Tebaldo Brusato, Villa Arconati, Castello di Brescia.

Giacomo Cattalini

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