CRITICA DELL’ANTIFASCISMO CONTEMPORANEO

L'atteggiamento contraddittorio e controproducente di chi pretende di opporsi al fascismo

Un'immagine da Salò o le 120 giornate di Sodoma, di Pier Paolo Pasolini
Italia, 2018: in un clima pre-elettorale dominato dalle sparate allarmistiche e sragionanti dei politici e dei media su questo o quel tema, un giovane estremista di destra ha deciso di dire la sua sul tema migranti, sragionando un poco più degli altri, ossia sparando sul serio, a Macerata.
Per alcuni, la tentata strage è stata la prova inconfutabile nientemeno che del ritorno del fascismo, provocando così una riemersione dell’antifascismo militante, fatto di accese discussioni, manifestazioni e – ancora – allarmismi. Nessuno, tra questi militanti,  ha avuto il sospetto che, sbandierando la pericolosità del Nemico, si sarebbe data una patente di piena esistenza pubblica (e quindi una certa qual nuova forza e influenza) a uno spettro consunto, in procinto di scomparire, finora evocato in forme residuali dalle iniziative di pochi, relegato alle risibili esternazioni di qualche nostalgico di ciò che non ha mai vissuto. Nessuno – o quasi – ha cercato di calmare le acque, poiché nessuno ha visto il pericolo reale: non l’automatica resurrezione del fascismo dopo l’orrendo gesto di una sola persona, ma, a causa della polarizzazione estrema fascismo/antifascismo, l’acuirsi delle consuete contrapposizioni (che già infestano, da anni, l’opinione pubblica e la società italiana) in forme ancora più rigide del solito, più feroci, rissose, smaccatamente emotive se non deliranti. Adesso, infatti, minaccia tempesta in Italia, una tempesta psichica di viscerale odio, una guerra civile di male parole sui social (ben che vada). E masse di sonnambuli continuano a soffiare sulla fiammella affinché diventi incendio. Certo, in prima fila a soffiare forte ci stanno i neofascisti, ben svegli e consapevoli dell’opportunità, perché da tutto questo marasma emotivo collettivo riceveranno molti insulti e qualche fastidio, ma anche nuove adesioni, crescenti consensi. Subito dopo di loro, però, ci sono gli antifascisti militanti, accecati dalla loro rabbia, dalla loro paura, dal loro odio. I quali si rivelano, peraltro, assai simili ai loro nemici, come mentalità e atteggiamenti.
Esempio: giusto pochi giorni fa, Cecilia Sarti Strada (figlia di Gino Strada ed ex-presidente della ONG Emergency) ha postato sul suo profilo Facebook la fotografia di un muro con la scritta “non scopate con i fascisti – non fateli riprodurre” (con annesso il suo commento divertito). Ed ecco che sono piovuti al suo indirizzo insulti, minacce, volgarità varie. Oppure, attestazioni di stima incondizionata, grasse risate, battutacce, a rincarare la dose di presunta simpatia della frase sul muro. E così, al solito, tra un sarcasmo e l’altro, ci si infiamma a prendere posizione e a cercare lo scontro, e latita chi tenti di disinnescare l’escalation di furore. Manca poi, in questo caso, chi semplicemente ragioni intorno alla frase riportata, facendo notare quanto sia inopportuna, per una ragionevole opposizione al fascismo, perché il suo senso è palesemente razzista. Che scacco all’antifascismo, che autogol, concepire i fascisti al pari di un gruppo razziale da estirpare! La frase, infatti, invita le donne a evitare contatti intimi con un fascista, per non rimanere incinte e dover dunque partorire un altro fascista – come se esistesse un “gene del fascismo” che si trasmette necessariamente di padre in figlio! Insomma, la nobile aspirazione a veder sparire il fascismo si traduce in un’affermazione degna della peggiore eugenetica nazista; e non stempera granché le cose, sapere che il metodo proposto è quello spiccio e greve dello “sciopero sessuale” di aristofanesca memoria, invece di una castrazione/sterilizzazione ad hoc in una struttura medica del Terzo Reich. Questo antifascismo sembra proprio un escamotage per dare libero sfogo a certi atteggiamenti altrimenti inaccettabili; per potersi comportare impunemente, con leggerezza, da razzistoidi; tanto lo si fa contro i fascisti, che sono razzisti per primi, quindi va bene… No?
Come se non bastasse, qualcuno, ancora su Facebook, forse proprio a sostegno di Cecilia Strada, ha deciso di riproporre un pezzo dell’americano Dan Savage, di questo agosto, dal titolo Con i nazisti non si fa sesso (lo trovate qui:  http://goo.gl/X68GQs). In sintesi, Savage risponde alla lettera di una trentenne liberal, che racconta di fare regolarmente sesso con un uomo più giovane; sembra tutto magnifico, solo che lui simpatizza per idee di destra. La donna è combattuta tra il suo piacere (e forse l’affetto per l’altro) e la sua coscienza politica, non a caso si firma Conflicted Lover. Ebbene, la risposta in questione di Savage è una sorta di litania arrabbiata e ricattatoria: non si scopa con un nazista, non si scopa con un nazista, non si scopa con un nazista! Quel giovane uomo – che, stando alle vaghe informazioni della lettera, potrebbe essere soltanto un sostenitore di Trump con un paio di fake news in testa – è etichettato immediatamente come “nazista” tout court, cioè come la feccia della feccia, un essere disumano e ripugnante, una creatura da allontanare dal proprio corpo, senza pensarci due volte. Voilà, un altro bell’esempio di razzismo “antifa”! Non è nemmeno contemplata l’opzione “proviamo a parlarci” con quest’altro che ha idee politiche diverse dalla mia, che magari si litiga, e poi magari ci si viene incontro, magari… si scopre che non è davvero nazista (in ogni caso, è improbabile che sia nazista come lo era Himmler, suvvia). No, no, bisogna fugare il nero spettro, coltivare la paura del diverso (che è quel che di norma fanno i fascisti!). Invece di elargire consigli saggi e pacificatori, Savage pretende un’unica via di salvezza; potrebbe presentare alla Donna Combattuta una triplice, ragionevole opzione (“se c’è solo sesso tra voi, metti da parte la politica e goditelo; se vuoi iniziare una relazione, conosci meglio il tuo partner, confrontati, cerca di comprenderlo, discuti con lui, prova a farlo maturare politicamente, se pensi che ne abbia veramente bisogno; se emergono incompatibilità profonde, politiche e non, allora ti conviene interrompere la relazione”), ma preferisce farla sentire in colpa e intimarle in pratica di lasciare il ragazzotto su due piedi. Il quale, chissà, improvvisamente scaricato dall’amante, per contraccolpo potrebbe prendere a odiare le donne, il mondo, la vita, e cadere, in men che non si dica, da una vaga aderenza a idee di destra alla militanza in qualche gruppo estremista, ossia… neonazista! Io scherzo, ma una situazione del genere non è affatto impossibile…
Trovo sconsolante, comunque, constatare che questo approccio razzistoide accomuna l’antifascismo degli Stati Uniti a quello del nostro piccolo Paese. Sta di fatto che l’Italia non ha avuto bisogno, stavolta, dell’influsso americano, per sviluppare questo antifascismo odierno, particolarmente aggressivo e acritico: esso deriva da una radicata, decennale credenza, in certa parte della sinistra italiana, di essere l’erede e la continuatrice della Resistenza (pur in assenza di guerre, deportazioni e quant’altro), di fronte a una ricorrente e proteiforme minaccia fascista (pur in assenza di un regime totalitario).
Non è abbastanza chiaro, il fulcro della faccenda? Quando mai si accorgeranno, gli antifascisti militanti, che non serve a molto, opporsi al fascismo come nemico esteriore, imitandone di fatto l’intolleranza? Quando capiranno che occorre innanzitutto combattere, dentro di sé e nei propri comportamenti, ogni minima traccia di mentalità razzista e fanatica? In Italia è facilissimo, oggi, fare gli anti-fascisti. Assai meno facile, essere, da cima a fondo, non-fascisti, radicalmente differenti dai fascisti. Eppure sarebbe questa, l’effettiva e definitiva liberazione da quello spettro al quale ogni tanto si fa dire “sono tornato”.

Massimiliano Peroni

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