Lettera aperta al critico Matteo Marchesini

Su Il Foglio di mercoledì 18 ottobre 2017 con l’articolo Aria da Scientology attorno a certi autori il non ancora quarantenne critico letterario M. Marchesini ha risposto (e cito testualmente): al numero inatteso di messaggi e mail su un pezzo che ho pubblicato qui. Parlava di Bolaño, Wallace e Carrère. Il critico ha, così, risposto alle accuse di avere offeso David F. Wallace nel suo precedente articolo Annotare Bolaño, Foster Wallace, Carrère su Il Foglio del 20 settembre, precisando che, lì, di offensivo non c’era niente. E questo è certamente vero, si trattava di critica letteraria. Non so se questa risposta sia rivolta anche all’articolo apparso il 27 settembre 2017 sull’edizione online della rivista I Sorci Verdi (In difesa di Roberto Bolaño e della Letteratura, di M. Mocciola – http://tinyurl.com/isorci-27), dove si contestavano le deduzioni di Marchesini sull’opera di Bolaño (nel mio articolo David F. Wallace era soltanto evocato). Parrebbe di no, visto che: la replica muove dalle asserite offese a Wallace, il mio articolo si occupava di Bolaño, non ho mai affermato che Marchesini avesse offeso chicchessia, e poi non sono permaloso. Parrebbe di sì visto che: il titolo e l’incipit accomunano gli adepti di certi autori (sia Bolaño che David F. Wallace), paragonandoli ai seguaci di Scientology (mi auguro che questi ultimi non si offendano a loro volta in una esecrabile catena di Sant’Antonio), ed io sono effettivamente un grande estimatore di Bolaño. Mi sento in ogni caso estraneo agli strali del critico (e di strali si tratta, a tener fede alla replica di Marchesini), avendo conosciuto letterariamente Roberto Bolaño in piena e totale solitudine, allorché Adelphi ha pubblicato nel settembre 2007, per la prima volta in Italia, tre parti di 2666, e nell’ottobre 2008 le ultime due parti; nella vorace attesa del secondo volume ho scoperto e letto I detective selvaggi, all’epoca pubblicato da Sellerio. Quindi, nessuna moda, nessuna setta, gli altri sono arrivati tanti anni dopo, e ne sono contento. Rimarcata la personale equidistanza dalla replica, per gusto di completezza, e stimolo al dibattito, meglio alcune precisazioni. L’articolo che contestava l’assunto di Marchesini è apparso sull’edizione online de I Sorci Verdi (link come sopra), rivista di letteratura edita dall’associazione I Bagatti; la rivista – in formato cartaceo con una versione online – ha pubblicato, tra l’altro, nel luglio 2013, un inserto dedicato proprio a Roberto Bolaño, per celebrarne il decennale della morte. La rivista è regolarmente registrata, ha un direttore responsabile iscritto all’albo speciale dei giornalisti, è integralmente autofinanziata ed è distribuita gratuitamente. Dettagli burocratici, per la mentalità corrente, eppure essenziali per sottolineare che l’articolo si inserisce in un progetto ufficiale di studio e dibattito letterario; niente a che vedere con i blog, i profili personali, i commenti estemporanei, le polemiche emotive su chat e quant’altro. Si tratta, al contrario, di argomentazioni offerte dai componenti della redazione (ovvero dai collaboratori occasionali): lettori più che qualificati, esperti e in grado di discutere autonomamente su autori e testi di letteratura. Le critiche al critico muovevano, appunto, dal testo dell’articolo oggetto di commento (citato testualmente in alcuni passaggi principali, perciò senza fraintendimenti), nonché dalle conclusioni sull’opera di Bolaño cui Marchesini era giunto (o quantomeno sembrava giungere, seguendo la logica argomentativa). Infatti, avevo contrapposto a quelle alcune mie considerazioni per offrire una diversa prospettiva sui romanzi di Bolaño, tanto da invitare ad un confronto leale senza pregiudizi sul piano testuale dell’opera di Bolaño. Il dibattito sollecitato era quindi esclusivo sull’opera di un autore ormai conosciuto e letto da molti, e avrebbe dovuto essere il dibattito – avevo ingenuamente sperato – quello tipico di lettori qualificati che propongono (con le modalità proprie della discussione, anche appassionata, anche accesa) differenti riflessioni sopra Bolaño e i suoi testi, accantonate le specificità individuali, le generazioni di appartenenza, l’età anagrafiche, il cursus honorum, le competenze accademicamente riconosciute. I Sorci Verdi da sempre cercano di spostare l’argomentazione dal piano soggettivo-personalistico (foriero di permalosità e offese) a quello testuale dell’opera, per un miglioramento dell’aria che respiriamo, intossicata dai talk-show, dalle diatribe uso social network, dai soliloqui di bandiera. Per questa ragione non avevo preso in considerazione le rapide e sprezzanti valutazioni espresse da Marchesini, nel contesto – forse improprio – del suo profilo facebook, a proposito di una quale mia ingenuità o sprovvedutezza, o addirittura di una mia incapacità ad un esame critico di opere di letteratura: in fondo non sono un critico riconosciuto. La replica più formale di Marchesini nell’articolo del 18 ottobre – indirizzata o meno a me, non è questo che fa la differenza – non cambia il tono e resta al palo di un’analisi pluridirezionale, sociologica, accusatoria verso intere categorie, e comunque al di fuori delle opere (di  Bolaño come di David F. Wallace). È una replica che, nonostante il tono intellettuale, rimane confinata sul piano sentimentale del tu-per-tu: tu ti sei offeso, io non ti ho offeso, però adesso ti dico tutto quello che penso di te lettore, e forse ti offendo realmente (A questi lettori non importa sapere se … non avvertono che …), in particolare ti dico che sei propenso a venerare l’oro, vero o falso che sia, e soprattutto hai un’idea distorta dell’intelligenza, perché sei obnubilato dall’intelligenza apparente oppure ostentata (esibita) di un David F. Wallace come di un Manganelli. E così il critico Marchesini, nella foga del j’accuse, sorvola sul fatto che David F. Wallace non esibisce alcunché se non una capacità estrema di analisi della società, dei comportamenti umani e delle nevrosi quotidiane, e lo fa con l’utilizzo di un linguaggio ad alta temperatura di formazione, e con la lente particolare di una sensibilità altrettanto estrema e di un’ironia immancabile; il generoso David F. Wallace mette a disposizione del lettore una intelligenza non comune, una erudizione non comune, rendendone partecipe chi ne vuole approfittare. A questo punto, poco importa se pochi o molti diventano adepti acritici di David F. Wallace: è un fenomeno diffuso (anche Marchesini ha i suoi fan su facebook), e non sarà colpa dello scrittore americano se tuttora primeggia nei gusti di molti lettori italiani che devono vedersela, al contrario, con le mediocrità narrative  della ribalta editoriale.
Cordialmente dall’ultracinquantenne, nato prima degli anni sessanta.


Michele Mocciola

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